Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


giovedì 18 febbraio 2016

Andare in Giappone con il Made in Italy: i consigli di B on Board





Pubblichiamo il contenuto della newsletter di
che vi consigliamo di sottoscrivere al più presto per la sua ricchezza ed interesse.
Questa volta si parla di Giappone.




Ha mai sentito la parola “Itameshi”? “Itameshi” è il termine che i giapponesi utilizzano per riferirsi al “cibo italiano”, ma è anche un vero trend con una lunga tradizione in questo paese. La gastronomia italiana o almeno lo stile italiano al momento di cucinare è altamente apprezzato in Giappone, paese dove ormai è possibile trovare trattorie dappertutto!


Il Giappone è un mercato maturo, sofisticato e competitivo in cui interagiscono più di 126 milioni di persone. Anche se l’offerta è ampia, tanto di prodotti locali come quelli importati, il “Made in Italy” è molto riconosciuto e richiesto grazie a caratteristiche come l’originalità, l’innovazione e la funzionalità. Bisogna dire inoltre che i prodotti italiani importati in Giappone tendono ad avere un prezzo molto elevato, mostrando un premium-price sul mercato. 





Il vino è un altro dei prodotti italiani più valorizzati. Il Giappone importa il 70% delle bottiglie di vino che vengono consumate, essendo il secondo importatore di vino dell’Asia Pacifica. L’Italia è uno dei principali fornitori: nel 2014 l’importazione del vino italiano è cresciuta del 1,7% arrivando a una quota di mercato del 18,7%.

A parte l’alimentare, ci sono diverse altre categorie di prodotti italiani che godono di ottima reputazione in quanto alla loro affidabilità e alla loro qualità: componenti meccanici, tessuti, pellami, abbigliamento, calzature e design (moda, accessori e arredamenti).





La Dottoressa Francesca Mondelli, Vice-Direttore dell’ufficio ITA-ICE Tokyo, ci aiuta a capire meglio il mercato giapponese in riferimento al “Made in Italy”:

(B On Board): Il “Made in Italy” viene considerato una tendenza in crescita per i prossimi anni?

(ITA-ICE): L’andamento recente delle importazioni di prodotti italiani in Giappone (dati delle Dogane giapponesi, gennaio-settembre 2014/2015) evidenzia un consistente aumento nei comparti degli autoveicoli e parti e delle macchine elettriche e in minor misura, dei cosmetici e delle carni. Restano sostanzialmente stabili o in lieve crescita gli altri settori tradizionali del Made in Italy, abbigliamento, calzature e pelletteria, gioielleria, arredamento. Si riscontra una lieve flessione per alcuni prodotti del comparto agroalimentare e vini e un calo più pronunciato per i prodotti farmaceutici.

(B On Board): Quali sono i principali consigli per chi vuole avviare un business in Giappone?

(ITA-ICE): La presenza diretta nel mercato, attraverso personale bilingue ed eventualmente un centro di assistenza post-vendita, è sicuramente molto importante in questo mercato. Le barriere linguistiche e la forte concorrenza di prodotti giapponesi con un servizio di assistenza rapido ed efficiente sono ostacoli comuni a molti settori, che possono essere superati attraverso l’apertura di una sede locale. Se non si è ancora presenti con un ufficio locale, è molto importante individuare un partner giapponese. L’importatore locale provvede a impegnarsi a espletare tutte le pratiche necessarie per il rispetto delle normative locali, per lo sdoganamentoe per l’applicazione dell’etichettatura in lingua locale e così via. In Giappone, infatti, è l'importatore a farsi carico di questi aspetti e non il produttore/esportatore straniero. L’importatore garantisce inoltre l’accesso al canale di distribuzione dei prodotti e può efficacemente assistere il produttore estero nella comprensione degli usi e delle consuetudini locali per il settore specifico.



B on Board è una società che ha come missione quella di aiutare “le imprese e le istituzioni a trovare risorse adeguate alla propria crescita internazionale” curando in particolare gli aspetti legati alle differenze culturali.

martedì 16 febbraio 2016

La comunità dei frequent traveller





Non è un post per chi pensa di sapere tutto sul viaggio d'affari.
Volevo raccontarvi qui che sta nascendo una interessantissima community dedicata chi trascorre buona parte del proprio tempo in viaggi d'affari.
Lo scopo è quello di aiutarci reciprocamente a rendere sempre più confortevole ed efficace il tempo che trascorriamo in questi viaggi. Permettendo lo scambio di competenze e conoscenze imparando dagli esperti che popolano il portale di Travel for business, presente anche su LinkedIn in questa pagina, ha un account Twitter ed è presente su Facebook, qui a questa pagina.
La missione di Travel for business È quella di mettersi al servizio ed aiutare tutti coloro che trascorrono buona parte della loro vita in giro per il mondo, impegnandosi ad esempio nell'export, per farsi che si è sempre migliore il loro modo di:
  • Viaggiare per affari
  • Fare affari viaggiando

Ecco il video che spiega meglio la missione della comunità


Ad esempio a me come viaggiatore farebbe molto comodo venire a conoscenza di tutta una serie di informazioni, che in genere non si riescono trovare sui siti degli hotel al momento delle prenotazioni, qualunque sia la nazione o la città di destinazione.  Per citarne alcune....
  • Nell’albergo esiste una palestra? di che cosa è dotata?
  • Nell’albergo presente ristorante?È aperto sempre?
  • Esiste facilità di parcheggio?
  • Esiste facilità di raggiungere il mezzo di trasporto?
  • Esiste facilità di contattare taxi?
  • Ci sono spine in camera per poter collegare il computer?
  • Qual è la qualità del Wi-Fi?
  • C’è una bella scrivania per poter lavorare?
  • Come sono le sale per eventuali riunioni?
  • Il Wi-Fi e anche nel ristorante e nella sala colazione?
  • Che cosa c’è nelle vicinanze? Che cosa cerco nelle vicinanze?
  • Quali sono i servizi che offre l’albergo: fotocopie, stampa, prenotazioni, recupero di autonoleggio?
  • Poiché per me questo è un elemento importante: ci sono chiese delle vicinanze? È possibile conoscere l’orario delle messe feriali?
 Quanti di noi che viaggiamo si sono scontrati con queste problematiche durante i propri viaggi? Quante volte abbiamo dovuto strisciare sotto la scrivania per poter trovare una presa elettrica?
Travel for business cerca di dare una risposta a tutto questo e non solo. 
Oltre a facilitare il viaggio di coloro che si spostano per affari si pone come obiettivo anche quello di aiutare a fare affari mentre viaggiamo, sia per lavoro sia per piacere.
Grazie consigli di esperti sarà possibile capire come sfruttare al meglio i propri viaggi, Organizzando in modo sempre più efficace tutto il tempo dedicato alla trasferta o anche soltanto come riuscire a guardarsi intorno per cogliere nuove idee per il proprio business.
È possibile in qualche modo conoscere le persone che viaggiano intorno a noi per scoprire magari occasioni di networking o addirittura di affari? Che cosa dobbiamo cogliere nel mondo che ci circonda quando stiamo viaggiando per piacere che può tornarci utile per il nostro lavoro?
Il suggerimento è di iscriversi alla pagina LinkedIn, visitare il sito magari entrare nella comunità degli autori, scrivendo la propria esperienza per raccontare cosa si può fare durante viaggi d'affari per avere un sempre maggiore comfort ed essere sempre più efficienti.
Ci vediamo lì! Vi aspetto!
Ah, se poi avete suggerimenti su cosa mettere le pagine il sito, quali sono i temi che vi interessano di più, potete scriverlo qui sotto o comunicarlo a Rosemarie Caglia, che di questa nuova avventura è l'originale fondatrice. 

lunedì 15 febbraio 2016

Su quali paesi emergenti puntare per il 2016?



Quali saranno i paesi che cresceranno di più nel 2016? Ce lo spiega B On Board, una società che ha come missione quella di aiutare “le imprese e le istituzioni a trovare risorse adeguate alla propria crescita internazionale” curando in particolare gli aspetti legati alle differenze culturali.

La sorpresa viene in Europa dalla Polonia che cresce molto più dei paesi dell’America latina dove il Brasile conferma la crisi e sul podio salgono Cile, Colombia e Messico.
Interessante anche la prevista crescita dell’Africa on Kenya in prima fila.
L’India batte la Cina in Asia e il Qatar si mette in luce nel Medio Oriente.

Nel medesimo articolo, proposto nella newsletter di B on Board vengono illustrate alcune delle  principali e più dannose barriere culturali nelle quali incappano i manager delle aziende Italiane durante una negoziazione con una controparte straniera:

         -  Stereotipi e pregiudizi
         -  Scarsa conoscenza della cultura della controparte (gerarchia, galateo…)
         -  Non assunzione della diversità altrui e chiusura mentale
         -  Diverse concezioni spazio/tempo
         -  Incapacità di comunicare verbalmente in modo efficace
         -  Malintesi dovuti alla comunicazione non verbale


B on board può aiutarvi a superare queste barriere, se invece è una strategia di approccio a questi paesi… siamo qua…..

mercoledì 3 febbraio 2016

Esportare con successo l'agroalimentare negli USA: i suggerimenti di Tiziana Ciacciofera






Descrivere Tiziana Ciacciofera è molto complesso: la sua esperienza professionale non può catturarla e costringerla dentro una etichetta, per quanto eccellente. Direi che è soprattutto donna di passioni vere, sincere, il sangue della sua Sicilia le scorre dentro forte per darle caparbietà; ma non solo: è donna saggia, sensibile, arguta. Dopo aver per anni dedicato il suo impegno a The Italian Cultural & Community Center di Houston, con risultati eccellenti tra i quali cito solo come esempio la scuola di cucina italiana per bambini che l’ha trasformata in una star delle televisioni texane, da poco ha accettato nuove sfide e si è lanciata in nuove avventure con Lombardi Family Concepts Restaurants divenendo anche responsabile per le relazioni con l’estero di Scelte di Gusto - Periodico di Informazione di Enogastronomia (qui il suo primo contributo).

Approfitto della sua grande esperienza del mercato americano per farci aiutare a capire come arrivare ad esportare con successo in terra statunitense

Buongiorno Tiziana, hai sviluppato una grande esperienza nel mondo americano in particolare per comprendere quali sia la percezione che gli americani hanno dell’Italia, della nostra cultura, dei nostri prodotti:  come ci vedono gli americani? Che cosa apprezzano di noi? Che cosa invece li spaventa?
La mia esperienza Americana comincia 5 anni fa quando a mio marito venne proposto di dirigere i laboratori di terapie cellulari dell’Università del Texas a Houston. Arrivata a Houston, venni assunta come Direttore dei programmi e del marketing del Centro di Cultura Italiana, piccola associazione Italo-Americana che oggi conta al suo attivo 500 membri e che ho diretto sino a fine Gennaio di quest’anno. Dal primo Febbraio sono il Manager di un ristorante Italiano, Taverna, che aprirà i battenti a Houston a metà Aprile e appartenente ad un collosso della ristorazione Italiana in Texas, la Lombardi Family Concepts.
La direzione del Centro è stata soprattutto una sfida con me stessa. Riuscire a far convivere la cultura Italo-Americana con quella Italiana e piazzare sul mercato locale il Centro Culturale come tra i più attivi negli USA, non è stato affatto semplice.
Gli stereotipi metropolitani che ruotano intorno alla cultura Italiana e agli Italiani sono difficili da sradicare, in quanto ciò che percepiscono di noi è legato più alla cultura Italo-Americana che alla cultura Italiana. Con molta determinazione e tanta tenacia ho provato ad educare il mio pubblico verso ciò che è autentico Italiano, delineando un confine netto da ciò che non lo è. Negli ultimi anni, si è riscontrato un inversione di tendenza e il consumatore americano ha iniziato sempre più a comprendere e conoscere l’Italia vera ed i suoi prodotti. L’Americano oggi viaggia tanto e questo lo rende sempre più consapevole della cultura e dei prodotti autentici Italiani, che poi ricerca sul territorio. Di noi, sicuramente amano la creatività ma li spaventa la nostra inaffidabilità.

Il cibo è sicuramente una delle eccellenze di casa nostra, come è possibile promuovere oggi questo particolare settore senza finire nel copiare in qualche modo il progetto di Eataly?

Negli ultimi anni si è riscontrato un crescente aumento nelle esportazioni dell’agroalimentare verso il mercato americano. La richiesta del Made in Italy è molto cresciuta nei mercati meno noti degli Stati Americani. Ciò è avvenuto, ad esempio, in Texas. Il settore della ristorazione è di certo la miglior vetrina per i nostri prodotti. Indubbiamente occorrerebbe una  maggiore sinergia tra gli enti Italiani preposti all’internazionalizzazione dei nostri prodotti e gli operatori di settore distribuiti sul territorio americano.  Ad esempio, si potrebbero lanciare delle campagne promozionali presso ristoranti autentici Italiani nei quali, in determinati periodi dell’anno, vengano proposti menù dedicati a specifiche produzioni regionali con abbinamento di vini selezionati nella stessa regione. Questo aiuterebbe ad educare il consumatore alla conoscenza del prodotto autentico e a renderlo capace di distinguerlo dalle molte imitazioni di prodotti presenti sugli scaffali della grande distribuzione, oltre che ad aumentarne sensibilmente la richiesta.

Che cosa chiedono i clienti americani ad un ristorante italiano sul loro territorio?
Affidabilità, autenticità, originalità, attenzione al cliente e lista dei vini quanto più variegata possibile. Queste, ad esempio, sono le caratteristiche che hanno portato al successo Alberto Lombardi e la Lombardi Family Concepts.

Che cosa chiede un ristorante italiano in America ai propri fornitori?
Varietà nella scelta dei prodotti, preferibilmente di nicchia, qualità e puntualità nelle consegne.

Com’è possibile per un’azienda agroalimentare di casa nostra cercare di vendere i propri prodotti negli Stati Uniti?
Vi sono diverse realtà pubbliche e private che si occupano di promozione all'estero e di internazionalizzazione delle imprese italiane.  Se fossi un produttore interessato ad esplorare i mercati esteri, sicuramente parteciperei a fiere o eventi per far provare il prodotto e verificarne la risposta del consumatore.

Si parla molto oggi di Storytelling: quanto è realmente importante raccontare la propria storia, averne una innanzitutto e poi saperla raccontare, per fare colpo su clienti americani?
Devi essere un bravo comunicatore per far colpo sui clienti americani, perché non basta avere una storia interessante da raccontare. È come la racconti che fa la grande differenza.

Che cosa consiglieresti ad un’azienda italiana che volesse esportare negli Stati Uniti i propri prodotti: da dove cominciare? Quali errori non commettere? Quali elementi invece non vanno trascurati assolutamente?
Un elemento che non va trascurato prima di lanciarsi in qualsiasi mercato estero, è un’attenta ricerca di mercato mirata alla tipologia di prodotto che si vuole esportare nello specifico territorio. Mi rivolgerei ad esperti di settore che possano seguire tutta la burocrazia legata all’etichettatura e alle certificazioni richieste dalla legislazione locale in materia di agroalimentare, e possibilmente ad imprenditori che già sono presenti con i loro prodotti sul mercato locale. Insomma, farei frutto delle loro esperienze per minimizzare il rischio. 

Si ringrazia Rovo per la concessione delle foto