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mercoledì 3 febbraio 2016

Esportare con successo l'agroalimentare negli USA: i suggerimenti di Tiziana Ciacciofera






Descrivere Tiziana Ciacciofera è molto complesso: la sua esperienza professionale non può catturarla e costringerla dentro una etichetta, per quanto eccellente. Direi che è soprattutto donna di passioni vere, sincere, il sangue della sua Sicilia le scorre dentro forte per darle caparbietà; ma non solo: è donna saggia, sensibile, arguta. Dopo aver per anni dedicato il suo impegno a The Italian Cultural & Community Center di Houston, con risultati eccellenti tra i quali cito solo come esempio la scuola di cucina italiana per bambini che l’ha trasformata in una star delle televisioni texane, da poco ha accettato nuove sfide e si è lanciata in nuove avventure con Lombardi Family Concepts Restaurants divenendo anche responsabile per le relazioni con l’estero di Scelte di Gusto - Periodico di Informazione di Enogastronomia (qui il suo primo contributo).

Approfitto della sua grande esperienza del mercato americano per farci aiutare a capire come arrivare ad esportare con successo in terra statunitense

Buongiorno Tiziana, hai sviluppato una grande esperienza nel mondo americano in particolare per comprendere quali sia la percezione che gli americani hanno dell’Italia, della nostra cultura, dei nostri prodotti:  come ci vedono gli americani? Che cosa apprezzano di noi? Che cosa invece li spaventa?
La mia esperienza Americana comincia 5 anni fa quando a mio marito venne proposto di dirigere i laboratori di terapie cellulari dell’Università del Texas a Houston. Arrivata a Houston, venni assunta come Direttore dei programmi e del marketing del Centro di Cultura Italiana, piccola associazione Italo-Americana che oggi conta al suo attivo 500 membri e che ho diretto sino a fine Gennaio di quest’anno. Dal primo Febbraio sono il Manager di un ristorante Italiano, Taverna, che aprirà i battenti a Houston a metà Aprile e appartenente ad un collosso della ristorazione Italiana in Texas, la Lombardi Family Concepts.
La direzione del Centro è stata soprattutto una sfida con me stessa. Riuscire a far convivere la cultura Italo-Americana con quella Italiana e piazzare sul mercato locale il Centro Culturale come tra i più attivi negli USA, non è stato affatto semplice.
Gli stereotipi metropolitani che ruotano intorno alla cultura Italiana e agli Italiani sono difficili da sradicare, in quanto ciò che percepiscono di noi è legato più alla cultura Italo-Americana che alla cultura Italiana. Con molta determinazione e tanta tenacia ho provato ad educare il mio pubblico verso ciò che è autentico Italiano, delineando un confine netto da ciò che non lo è. Negli ultimi anni, si è riscontrato un inversione di tendenza e il consumatore americano ha iniziato sempre più a comprendere e conoscere l’Italia vera ed i suoi prodotti. L’Americano oggi viaggia tanto e questo lo rende sempre più consapevole della cultura e dei prodotti autentici Italiani, che poi ricerca sul territorio. Di noi, sicuramente amano la creatività ma li spaventa la nostra inaffidabilità.

Il cibo è sicuramente una delle eccellenze di casa nostra, come è possibile promuovere oggi questo particolare settore senza finire nel copiare in qualche modo il progetto di Eataly?

Negli ultimi anni si è riscontrato un crescente aumento nelle esportazioni dell’agroalimentare verso il mercato americano. La richiesta del Made in Italy è molto cresciuta nei mercati meno noti degli Stati Americani. Ciò è avvenuto, ad esempio, in Texas. Il settore della ristorazione è di certo la miglior vetrina per i nostri prodotti. Indubbiamente occorrerebbe una  maggiore sinergia tra gli enti Italiani preposti all’internazionalizzazione dei nostri prodotti e gli operatori di settore distribuiti sul territorio americano.  Ad esempio, si potrebbero lanciare delle campagne promozionali presso ristoranti autentici Italiani nei quali, in determinati periodi dell’anno, vengano proposti menù dedicati a specifiche produzioni regionali con abbinamento di vini selezionati nella stessa regione. Questo aiuterebbe ad educare il consumatore alla conoscenza del prodotto autentico e a renderlo capace di distinguerlo dalle molte imitazioni di prodotti presenti sugli scaffali della grande distribuzione, oltre che ad aumentarne sensibilmente la richiesta.

Che cosa chiedono i clienti americani ad un ristorante italiano sul loro territorio?
Affidabilità, autenticità, originalità, attenzione al cliente e lista dei vini quanto più variegata possibile. Queste, ad esempio, sono le caratteristiche che hanno portato al successo Alberto Lombardi e la Lombardi Family Concepts.

Che cosa chiede un ristorante italiano in America ai propri fornitori?
Varietà nella scelta dei prodotti, preferibilmente di nicchia, qualità e puntualità nelle consegne.

Com’è possibile per un’azienda agroalimentare di casa nostra cercare di vendere i propri prodotti negli Stati Uniti?
Vi sono diverse realtà pubbliche e private che si occupano di promozione all'estero e di internazionalizzazione delle imprese italiane.  Se fossi un produttore interessato ad esplorare i mercati esteri, sicuramente parteciperei a fiere o eventi per far provare il prodotto e verificarne la risposta del consumatore.

Si parla molto oggi di Storytelling: quanto è realmente importante raccontare la propria storia, averne una innanzitutto e poi saperla raccontare, per fare colpo su clienti americani?
Devi essere un bravo comunicatore per far colpo sui clienti americani, perché non basta avere una storia interessante da raccontare. È come la racconti che fa la grande differenza.

Che cosa consiglieresti ad un’azienda italiana che volesse esportare negli Stati Uniti i propri prodotti: da dove cominciare? Quali errori non commettere? Quali elementi invece non vanno trascurati assolutamente?
Un elemento che non va trascurato prima di lanciarsi in qualsiasi mercato estero, è un’attenta ricerca di mercato mirata alla tipologia di prodotto che si vuole esportare nello specifico territorio. Mi rivolgerei ad esperti di settore che possano seguire tutta la burocrazia legata all’etichettatura e alle certificazioni richieste dalla legislazione locale in materia di agroalimentare, e possibilmente ad imprenditori che già sono presenti con i loro prodotti sul mercato locale. Insomma, farei frutto delle loro esperienze per minimizzare il rischio. 

Si ringrazia Rovo per la concessione delle foto

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