Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


martedì 15 dicembre 2015

Taiwan Excellence. EICMA ITMA e un approccio vincente all'export. Impariamo.






Impariamo dai cinesi, quelli di Taiwan, a conquistare il mondo.

C’è sempre da imparare e Taiwan Excellence è un ottimo maestro, che ci mostra come sia possibile fare sistema e lavorare insieme per esportare le proprie eccellenze.
E noi italiani, che di eccellenze ne abbiamo molte, dovremmo proprio capire come superare le nostre piccole rivalità per fare squadra e riuscire a far conoscere i nostri marchi, la nostra PMI nel mondo.

Che cosa ha fatto di speciale Taiwan Excellence?

In occasione di alcune importanti fiere italiane, EICMA ed ITMA ad esempio, dove erano presenti imprese taiwanesi, ha scatenato una vera e propria campagna mediatica per  far notare il proprio brand.
Non solo conferenze stampa e inviti a potenziali clienti, ma anche attività on line coinvolgendo blogger affermati, come ad esempio Rosa Giuffré.

Se maliziosamente pensate che, pagando, chiunque è proprio a scrivere di qualsiasi cosa, siete in errore. Intanto perché la reputazione è ciò che conta e un blogger, che racconta il suo mestiere per rendersi affidabile, dedito solo alle marchette non fa strada. Poi perché l’intelligenza di  Taiwan Excellence è stata quella di chiedere agli esperti della rete di parlare di argomenti che fanno parte del loro core business.

Rosa descrive i nuovi scenari interessando gli operati del settore tessile e spiegando come Taiwan abbia costruito la propria missione in terra d’Italia.


Claudio Besana ha invece raccontato di EICMA e delle strategie delle impresi taiwanesi nel settore del motociclo in tutta la sua catena produttiva. In Ride the future, questo il nome dell’iniziativa che ha presentato le innovazioni in stile green e con grande attenzione per la flessibilità delle aziende del settore, è stato permesso alle 3 imprese presenti di mettersi in mostra ed incontrare non solo potenziali clienti, ma anche e soprattutto la stampa e i nuovi media.

Interessante questo interesse per il mondo del web, che costituisce forse una realtà decisamente più stimolante della stampa di settore.

Una strategia da imparare per le missioni future organizzate dalle istituzioni italiane in terre straniere!

Il nostro plauso va dunque a Taiwan Excellence capace di cogliere le opportunità della rete e di sfruttarle a proprio vantaggio per favorire lo sviluppo delle imprese di casa propria.

Tra l’altro dispone anche di una bella pagina Facebook, mica male come sviluppo della socialità, della viralità, della presenza in rete, non credete?


lunedì 14 dicembre 2015

Zoppini: aprire negozi monomarca nel mondo per promuovere il made in Italy





Azienda di lunga tradizione, Nata nel 1925, il gruppo Zoppini è una realtà internazionale con propri negozi monomarca in molti paesi del mondo.
Mauro Zoppini, che ne è alla guida, ci spiega come sia stato possibile essere presenti in più di 20 nazioni estere partendo da Firenze.

Quali sono le linee guida della strategia di export che la sua impresa ha sviluppato?

Zoppini ha sempre cercato di attuare una politica estera importante. Già dal 1999 ci siamo rivolti ai paesi esteri attraverso numerose attività di sviluppo potenziando nel tempo la rete diretta di agenti vendita. Grazie a questa politica aziendale, MPF conferma la sua presenza in importanti paesi come Stati Uniti, Medio Oriente, Paesi asiatici, Canada,  Belgio, Austria, Germania e Portogallo. Facciamo inoltre il possibile per prendere parte alle principali fiere di settore e non. Tra le altre iniziative intraprese vi è l’iscrizione al consorzio Italian Fashion Jewellery che opera per l'internazionalizzazione.


Qual è l’elemento fondamentale da tenere presente per avviare l’avventura dell’export?

Avere idee in maniera continuativa, proponendo prodotti di qualità, sempre nuovi e appetibili. In linea con il gusto del Paese in cui ci si vuole affacciare senza perdere la propria unicità, tenendo alta la bandiera del vero Made in Italy.

Quali sono i pre-requisiti per una azienda che voglia esportare?
Possono tutti o ci sono dei limiti “strutturali”?

La ricerca costante di materiali alternativi e tecniche di produzione all’avanguardia: ciò si compie a partire dal confronto con il mondo dell’hi-tech, dalla reinterpretazione dell’aerodinamica e della fluidità nelle forme e nelle linee della sua idea di gioielleria.
Zoppini conosce e vuole superare certi limiti, come quelli tecnici e meccanici legati alla materia. Dopo essere stata fra i leader mondiali nel mercato del bracciale componibile, infatti, MPF Group ha continuato a perseguire rotte intraprendenti nella creazione di gioielli e accessori. L’ufficio Research and Design ha sviluppato collezioni in grado di incontrare i gusti più diversi e di rivestire i desideri dell’immaginario comune. Per quanto riguarda i limiti strutturali, è ovvio che una grande azienda ha più possibilità di affermarsi in tempi brevi. Per tutte le altre realtà sono richiesti impegno e attenzione maggiori, c'è sicuramente meno margine d'errore.

Quali sono i principali errori da non compiere per andare all’estero?

Mai sottovalutare il gusto, le tendenze e la cultura dell'altro Paese. E' necessario analizzare contesto e differenze, cogliere le sfumature che rendono vincente la proposta del prodotto giusto. E' molto importante viaggiare per essere in grado di interpretare in maniera corretta le richieste del nuovo mercato. La tecnologia permette di ridurre le distanze, ma è impensabile raggiungere l'obiettivo restando davanti a uno schermo.   

In che modo il marketing aiuta la strategia di export?

Il marketing, oltre ovviamente alla qualità del prodotto, è il fulcro attorno al quale ruota l'attività aziendale all'estero. E' lo strumento fondamentale per individuare al meglio il target di riferimento e, di conseguenza, proporre prezzi e prodotti che possano rispondere al meglio alle attese dei consumatori.

In che modo il web può essere utile per l’export?

Il web è ovviamente uno dei veicoli principali per avviare il processo di export se si vuole ottenere una prima risposta da parte di un mercato nel quale ci si vuole immettere. Fare buon uso delle nuove tecnologie è da sempre una nostra prerogativa, con lo scopo di trasmettere all'estero i valori del brand e diffondere il livello qualitativo dei prodotti Zoppini. Internet ci permette di avere un contatto diretto con i clienti, rispondere al meglio alle loro richieste. In particolare lo strumento social, ci consente di essere competitivi e monitorare al meglio la web reputation dell’azienda. Rispondere pubblicamente a un apprezzamento o, perché no, a una commento negativo è indice di trasparenza e volontà di migliorarsi.

Quali sono i pre-requisiti per una azienda che voglia esportare?
Possono tutti o ci sono dei limiti “strutturali”?

La ricerca costante di materiali alternativi e tecniche di produzione all’avanguardia: ciò si compie a partire dal confronto con il mondo dell’hi-tech, dalla reinterpretazione dell’aerodinamica e della fluidità nelle forme e nelle linee della sua idea di gioielleria.
Zoppini conosce e vuole superare certi limiti, come quelli tecnici e meccanici legati alla materia. Dopo essere stata fra i leader mondiali nel mercato del bracciale componibile, infatti, MPF Group ha continuato a perseguire rotte intraprendenti nella creazione di gioielli e accessori.

Per quanto riguarda i limiti strutturali, è ovvio che una grande azienda ha più possibilità di affermarsi in tempi brevi.
Per tutte le altre realtà sono richiesti impegno e attenzione maggiori, c'è sicuramente meno margine d'errore.


Tre consigli che darebbe ad un artigiano o imprenditore PMI che voglia iniziare ad esportare.


Se dovessi pensare di partire oggi da zero, sarebbe quasi impossibile per le problematiche economiche del nostro paese, i tempi infiniti per avviare un'impresa. All'estero queste difficoltà spesso non esistono, l'appoggio delle banche e del governo è più forte. Da imprenditore, basandomi sulla mia esperienza personale, consiglio di puntare su idee davvero innovative, come ho avuto la fortuna di fare lanciando il gioiello in acciaio, bello e accessibile. Consiglio anche di cercare il sostegno dei fornitori, fare del rapporto con i produttori il proprio capitale senza affidarsi completamente alle banche che chiedono troppe garanzie per chi possiede un'attività appena avviata.

martedì 3 novembre 2015

L'era del dopo Expo: che cosa abbiamo imparato?




Siamo entrati nell'epoca del dopo-EXPO.
Non è una battuta, è una occasione da cogliere.
Perché il mondo è realmente cambiato, per noi.
Sicuramente Milano è molto più bella e più viva, ha respirato il vento, il soffio della manifestazione e s'è alzata.
Non solo ovviamente. C'è di più. Il messaggio forte che Expo ci ha portato e ora lasciato è che "ce la possiamo fare" se non ci rinchiudiamo nella gabbia "abbiamo sempre fatto così". La sfida è aperta. Ciò che conta è capire che cosa abbiamo imparato? Cosa ci è rimasto più impresso? Cosa ci ha colpito? Che cosa ci ha insegnato la manifestazione? Che cosa possiamo cogliere come spunto da applicare alla nostra realtà? Che lezione possiamo trarre?

In questo video vi racconto la mia prima idea.
E le vostre quali sono?




Qual è il contributo che volete lasciarci? la provocazione? L'idea? A voi la parola. 





sabato 29 agosto 2015

Cronaca di un fallimento annunciato: come non esportare.



Stiamo raccontando la storia di un fallimento previsto, una impresa che vuole esportare prodotti alimentari nell’Est europeo senza sapere nulla: qui trovi la prima parte.

Nella precedente puntata ci eravamo lasciati con questa domanda: un’idea dei costi di trasporto e dei dazi ve la siete fatta? O di quanti anelli della catena sono necessari? Come pensate di vendere direttamente ai ristoranti di Mosca, Budapest o Bucarest?
Mi ribattono: lei pensa che sia una cosa da fare o i concorrenti sono troppo agguerrito?
Di nuovo penso che mi abbiano preso per un “idiot savant”: so tutto su tutti i prodotti di tutti i mercati e sono così imbecille di raccontarlo gratis a chiunque lo chieda.
Ribadisco che ci vuole:
a)   analisi dei paesi: perché proprio questi tre?
b)   Piano di marketing: come posizionare il prodotto?
c)    Studio di fattibilità
d)   Contatti sul posto con qualcuno che conosca questi specifici mercati e i canali ai quali proporre il prodotto e il piano di sviluppo comune.
Non sembra che quello che scrivo sia ascoltato.
La nuova risposta è ancora più incalzante
Si concorda sul fatto che non si esportare in questi lontani paesi pensando di mantenere atteggiamento ed approccio all'italiana. Ma mi si chiede se per trovare agenti e distributori locali affidabili ed alle migliori condizioni sia necessario andare sin da subito sul posto oppure basta internet.
Non basta, si domanda se sia utile conoscere che tipo di indicazioni sia necessario apporre nelle lingue locali sulle confezioni dei prodotti e se, oltre ai dazi, le autorità locali richiedano certificazioni sanitarie e di qualità.
Mi stai dicendo che il lavoro te lo devo fare io?
Non hai nemmeno verificato se hai i requisiti necessari per l’export in quei paesi? E mi chiedi se in Russia, ad esempio, tu debba avere una etichetta in lingua locale? Secondo te va bene l’italiano? Come potresti essere credibile? Dimmi, solo sulla base di questo, secondo te il tuo vantaggio del 30% è ancora valido?
Spiego nuovamente che questi sono alcuni dei parametri dell’analisi da svolgere e nuovamente chiedo: ma perché fissarsi con Paesi così difficili anche per ragioni di lingua?
Pensi davvero che con un viaggio in loco tu possa trovare agenti e distributori? Dove li cerchi? Sulla Piazza Rossa? In quale lingua? Li vuoi cercare on-line? Di nuovo: in quale lingua? E con quale sicurezza?
Non ti conviene affidarti ad un esperto di quel mercato per i canali distributivi?
Non ti conviene fare prima una analisi precisa?
Nuova risposta: “al momento sto cercando di procurarmi campioni di prodotti concorrenti per farli poi analizzare dal chimico e capire tipologia e combinazioni preferite in Russia. Questo è il primo passo, per capire cosa andare ad offrire in un paese così complicato. Sto cercando di contattare distributori del posto, ma il solo google e la ricerca per parole chiavi non è sufficiente”.
Ma va? Se fosse così semplice come mai non ci sono stormi di produttori italiani a vendere in Russia?
E pensi che facendo l’analisi chimica risolvi tutto? Conosci i gusti locali? E poi cosa fai? Copi e poi? A maggior ragione per avere esattamente quello che comprano oggi, perché dovrebbero venire a comperarlo da te?
Ma questo giovane va capito, è l’imprenditore che non sembra avere le idee chiare, o anzi: sembra averle chiarissimi dato che l’intraprendete giovane aggiunge: “il titolare non vuole rimborsare eventuali spese ed afferma che la mia abilità la devo dimostrare ricercando soluzioni ‘for free’ tramite internet”.
Capito?
Andiamo all’estero, ma senza investire un solo euro.
Non è così che si fa.
In copia nell’ultimo messaggio c’è il consulente che io consiglio sempre per i mercati dell’Est, che ribatte in modo molto chiaro alla pretese del titolare furbetto:
La procedura per esportare il suo prodotto verso il mega mercato Russo è nota e consolidata, come sono anche noti i distributori sulla rete. L´approccio dell’analisi chimica non serve a nulla in generale nel business, in particolare in questo.  Non è la chimica che fa entrare il mercato ma il marketing e i distributori; sui mercati si affermano infatti i prodotti con il più alto budget di marketing. La qualità o il gusto non hanno alcun ruolo. I Russi si aspettano come noi Nordici di ricevere prodotto il più vicina possibile allo stile italiano, dato che ci proponiamo come azienda italiana. 
Comunque senza una analisi dei prezzi sui mercati (dipendenti dalle città) dei competitors sulle piazze per singola città o quartiere non è possibile entrare in nessun mercato. Figuriamoci quello russo così complesso. Un accesso “free” fatto da voi direttamente a distributori vi esporrebbe solo a diventare vittime di corruzioni e richieste di incentivi di varia natura. Inoltre, a meno che non siate inseriti in hub con credenziali affidabili, vi ritrovereste a lavorare solo coi piccoli grossisti low-cost che parlano solo in Russo. Non hanno mai imparato l´inglese o altre lingue. Noi lavoriamo solo coi grossi infatti, e sono i grossi che contattano i piccoli distributori usando la lingua locale.
Saltare il trader e cercare di arrivare ai rivenditori finali non porta a nulla: infatti senza certificazioni adesso anche in Russia tutto diventa più complicato e solo alza il prezzo da pagare in modo non necessariamente onesti”.
Quali le conclusioni?

Nella prossima puntata le troveremo insieme

lunedì 24 agosto 2015

Vuoi fallire nelle tua attività export? Fai come loro! Una pessima case history





Un modo sicuro per fallire nella vostra strategia export? Ecco un caso esemplare. Lo cito rendendolo del tutto anonimo dato che mi pare decisamente esemplificativo di una mentalità fallimentare e credo possa essere utile per capire cosa proprio non vada fatto.
La storia non è brevissima ma vale la pena leggere fino in fondo per capire… ve la propongo, magari in due tre puntate…


Mi scrive un giovane impiegato di una impresa della provincia italiana. Un’azienda neppure troppo piccola che produce prodotti alimentari, immaginatevi derivati del grano e del frumento.  È stato incaricato dal suo titolare di pormi alcune domande su come esportare i loro prodotti in alcuni paesi dell’est Europa, diciamo così per dare una ipotetica destinazione: Romania, Ungheria e, tanto per non farci mancare nulla, Russia.
Mi viene chiesto di dare un parere su questi mercati, se sono ad alto margine, e mi vengono poste domande molto concrete:
-       a quanto ammontano i dazi?
-       Come spedire la merce in quelle destinazioni? Via mare? (Via mare dall’Italia alla Russia????)
-       E, dulcis in fundo: dal prelievo della merce al punto di arrivo, il distributore locale quanto tempo impiega a rifornire scaffali di supermercati e piccoli negozi?
Primo commento: per quale ragione non ti cerchi queste informazioni da solo in rete? E se lo hai fatto e non le hai trovate per quale ragione dovrei darti queste informazioni gratis? Ma tiriamo avanti. Rispondo che il mio lavoro è altro e consiste nell’aiutare le imprese a capire come andare all’estero e a capire ad esempio perché un rumeno dovrebbe comperare la tua farina invece di quella che trova nel suo solito negozio di alimentari. Chiedo anche in base a quali analisi e studi si è pensato a questi tre paesi.
Nella successiva mail non arriva nessuna risposta ma altre domande:
l’idea è del titolare che ha visto che il prezzo su questi mercati è superiore di un 30% a quello a cui loro lo vendono (a chi? Al cliente finale? Al distributore?) e quindi ha pensato bene di buttarcisi a pesce cercando di arrivare ovunque: dalla grande distribuzione, ai ristoranti, alle panetterie, ai negozietti.
Un’idea dei costi di trasporto e dei dazi ve la siete fatta? O di quanti anelli della catena sono necessari? Come pensate di vendere direttamente ai ristoranti di Mosca, Budapest o Bucarest?

Che cosa mi hanno risposto? Restate con noi, la prossima puntata lo svela.

lunedì 8 giugno 2015

La strada più diretta per andare all'estero: i consigli di Giovanni Delle Donne Federalimentare





Anche i recenti dati pubblicati da Bankitalia e riportate dal CorSera Economia di lunedì 8 giugno parlano chiaro: la via per crescere passa dall’export. Anche per me PMI, anzi soprattutto per le PMI.
Come fare? In che modo sfruttare le opportunità che le istituzioni mettono a disposizione? Ne ho parlato con Giovanni Delle Donne di Federalimentare, che lavora all’interno del progetto corporate "CIBUS è ITALIA".

È un coro pressoché unanime quello che invita le imprese italiane, anche le PMI persino gli artigiani, a darsi da fare per andare all’estero, per esportare: ma è davvero una possibilità alla portata di tutti?

La contrazione dei consumi interni spinge le aziende a cercare nuovi mercati di sbocco all'estero. Federalimentare insieme ad altri enti preposti all'internazionalizzazione, come ad esempio l'Agenzia ICE, cerca di sostenere le aziende in questa attività. Tuttavia andare all'estero non è una avventura ma deve essere pianificato con attenzione. Una delle prime cose che l'azienda deve fare è  informarsi sulle normative e sui vincoli che ci sono nei paesi extra europei e che talvolta limitano la possibilità di esportazione. in secondo luogo bisogna riuscire a pianificare l'attività di export partendo dai mercati vicini, cercando dei contatti commerciali già dall'Italia e partecipando alle fiere di maggiore impatto  commerciale. Un elemento che l'azienda non deve assolutamente trascurare è la capacità di far fronte agli ordini esteri. Molto spesso la struttura delle aziende alimentari italiane e di piccole e medie dimensioni e talvolta le imprese non riescono a far fronte alle richieste commerciali estere.

Il made in Italy è apprezzato ovunque: basta solo avere un buon prodotto?

Avere un buon prodotto è sicuramente un elemento fondamentale per affacciarsi sui mercati esteri. Tuttavia solamente un buon prodotto non basta ma, come detto prima, occorre avere una buona pianificazione strategica e riuscire a considerare tutti quegli elementi del marketing mix che incidono sulle performance dell'impresa e tenere d'occhio la concorrenza locale.

Quali sono gli errori che una impresa non deve commettere nell’avventurarsi all’estero?

Molte aziende pensano che basta essere italiani, avere un brand italiano e avere un buon prodotto italiano per avere successo sui mercati esteri. In realtà non è così perché bisogna valutare con attenzione anche il gusto dei consumatori locali, tenere sotto controllo i prezzi dei prodotti locali e i canali di distribuzione che a volte hanno delle peculiarità specifiche a seconda dei paesi.

Quali sono i passaggi essenziali per pianificare una strategia efficace e vincente?

Bisogna sicuramente analizzare con attenzione le caratteristiche del Mercato target, la capacità di spesa del consumatore locale, il gusto del consumatore locale, i canali distributivi e la concorrenza. Bisogna inoltre informarsi su quali sono i vincoli ed i certificati necessari alla esportazione, trovare un buon referente o agente commerciale in loco e soprattutto sondare il mercato in maniera diretta, anche attraverso la partecipazione alle principali fiere alimentari di quella nazione.

Quale aiuto può arrivare alle PMI da internet e dagli strumenti della rete come i social media?

Internet così come i social media possono essere dei canali eccellenti di vendita, ma è risaputo che presentano delle insidie. Non bisogna semplicemente affidare la vendita al canale informatico ma bisogna essere proattivi, pubblicizzare adeguatamente il prodotto, realizzare dei siti accattivanti (che per alcuni mercati, come ad esempio quelli asiatici, sono elementi determinanti) per presentare adeguatamente l'impresa e accattivarsi l'attenzione del consumatore locale.

Le missioni all’estero sono una opportunità, una necessità o una perdita di tempo? Perché?

Le missioni all'estero sono sicuramente delle occasioni da cogliere e da saper sfruttare nella maniera più efficiente. Confindustria insieme a Federalimentare e a ICE organizza spesso missioni imprenditoriali di settore o multisettoriale in mercati target. la preparazione di una missione comporta un attenta analisi di mercato, l'individuazione dei segmenti merceologici che possono avere maggiore successo e l'organizzazione di esposizione di prodotti o incontri B2B  che possono facilitare le relazioni commerciali e le opportunità di business per le imprese. ovviamente l'azienda non può limitarsi alla partecipazione una tantum alle missioni ma, una volta ottenuti dei contatti commerciali locali, deve essere capace di coltivarli, di estenderli al fine di presidiare il mercato e riuscire col tempo ad essere presente in maniera costante e continuativa.

La fiera è ancora uno strumento valido?

 Le fiere di settore hanno avuto un periodo di declino negli scorsi anni. Tuttavia negli ultimi tempi assistiamo ad una ripresa delle fiere perché le opportunità commerciali che garantiscono sono palesemente notevoli, soprattutto per le piccole e medie imprese e per le imprese che si vogliono affacciare per la prima volta ai mercati esteri. Noi come Federalimentare, ad esempio, organizziamo una fiera specializzata che è Cibus e la organizziamo in collaborazione con Fiere di Parma e il supporto dell'agenzia ICE. Valore aggiunto di questa fiera non sta nella esposizione delle semplici merci ma nell' incoming di operatori stranieri super selezionati che facciamo venire in Italia per realizzare degli incontri B2B  con le nostre imprese. Ovviamente come già detto anche le fiere specializzate all'estero, soprattutto quelle internazionali, hanno una valenza altrettanto positiva e utile per le imprese. Ad esempio da circa 3 anni Federalimentare e Cibus hanno avviato una collaborazione con la prestigiosa fiera tedesca di Anuga e insieme alla fiera dico Colonia e alla Fiera di Parma abbiamo avviato la realizzazione di padiglioni italiani all'interno di fiere estere in mercati più lontani come la Thailandia (Thaifex) è la Cina (World of food Beijing). Il riscontro delle aziende partecipanti sia in Italia sia all'estero è sempre molto alto e questo ci conferma l'utilità ancora oggi e dello strumento fieristico.

Quali sono gli strumenti che mettete a disposizione delle imprese? Come fate ad aiutarle?

Federalimentare è una federazione che raggruppa 16 associazioni di categoria rappresentative di ogni singolo settore dell'industria alimentare. Attraverso questo network e grazie al supporto di Confindustria e dell'Agenzia Ice siamo in grado di mettere a disposizione una molteplicità di strumenti a beneficio delle aziende che intendono internazionalizzararsi. Andiamo dalla semplice diffusione di informative utili, all'incoraggiamento alla partecipazione a fiere di settore. Inoltre interveniamo attivamente nell'ambito delle decisioni dell'Unione europea in materia di disciplina del settore dell'industria alimentare, così come partecipiamo attivamente nei negoziati per gli accordi di libero scambio che l'Unione Europea effettua con i paesi terzi. Federalimentare inoltre ha una attiva e fattiva collaborazione con il Ministero dello Sviluppo economico nonché con il Ministero delle Politiche Agricole e il Ministero degli Esteri. Grazie alla collaborazione con questi ministeri siamo in grado di pianificare dei programmi di ampio respiro tali da sostenere le aziende nel loro processo di internazionalizzazione. Ne è un esempio virtuoso  il piano straordinario per la promozione del made in Italy voluto dal vice ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda. il piano ha uno stanziamento enorme rispetto agli stanziamenti dei governi precedenti. Le attività del piano Calenda sono molteplici e vanno dal l'incoraggiamento degli incoming nell'ambito delle fiere italiane alle promozioni sui mercati stranieri e, in particolare, negli Stati Uniti e in Canada dove si stanno realizzando delle imponenti campagne educational a difesa del Made in Italy e contro il fenomeno della contraffazione e dell'Italian sounding. Ma non basta il piano prevede anche strumenti più immediati a beneficio delle imprese, come per esempio il voucher per i temporary export manager affinché anche le piccole e medie aziende che non possono assumere personale dedicato possano però usufruire di specialisti dell'internazionalizzazione per avviare il loro processo sui mercati stranieri.

Come è possibile usufruire dei servizi che offrite?

Sicuramente le aziende nostre associate hanno un canale privilegiato per usufruire dei servizi di Federalimentare e delle associazioni di categoria.

Tre consigli da 140 caratteri l’uno per chi vuole iniziare ad esportare

I miei tre consigli per chi vuole avviare un processo di internazionalizzazione sui mercati stranieri sono semplici e necessari:
1              non bisogna improvvisarsi ma bisogna studiare attentamente il mercato di riferimento e tutte le sue caratteristiche strutturali commerciali ed economiche, oltre che i vincoli doganali e il comportamento del consumatore, in modo da poter pianificare l'attività in funzione di quello che il mercato è in grado di ricevere e non di quello che l'azienda si aspetta di dare. 
2              Occorre utilizzare le informazioni e gli strumenti messi a disposizione dagli enti preposti per l'internazionalizzazione al fine di avere un supporto tecnico operativo da parte di professionisti e poter avviare un processo di internazionalizzazione a costi relativamente contenuti. 
3              Occorre avere un buon prodotto, anche da adattare al gusto del consumatore straniero, e disporre di una produzione adeguata alle richieste estere. 

Ne approfitto anche per un ulteriore domanda
ho visto la bellissima iniziativa di Cibus per i contatti bilaterali per le imprese italiane. E’ ancora possibile partecipare? Si può prendere parte alle prossime sessioni?


Cibus e Italia è un progetto fortemente voluto da Federalimentare fin dal 2013 e faticosamente realizzato in collaborazione con la Fiera di Parma e con il supporto della agenzia ICE. Il nostro obiettivo fin dall'inizio è stato quello di portare all'interno di Expo le imprese alimentare italiane in modo da presentare al mondo le eccellenze del nostro settore. Abbiamo sempre pensato che fosse logico che all'interno di un Esposizione Universale dedicata al cibo e all'alimentazione dovessero essere presenti  quelle aziende che hanno fatto la storia del cibo italiano e che hanno reso grande e famoso il cibo italiano all'estero. Ovviamente il progetto ha una duplice funzione: se da un lato vuole essere un collettore delle eccellenze e una vetrina espositiva davanti ai milioni di visitatori stranieri che passeranno all'interno di Expo, dall'altra vuol essere anche un'occasione di business per le imprese italiane. È per tale motivo che insieme all'agenzia Ice abbiamo  pianificato un imponente programma di incoming di operatori stranieri: oltre 300 operatori provenienti da più di 40 paesi esteri e suddivisi in 15 delegazioni durante i sei mesi di Expo. gli incontri B2B sono dedicati soltanto alle aziende che espongono all'interno del padiglione è che sono più di 410 per un totale di oltre 1000 marchi rappresentati. Ormai il padiglione è pieno e non abbiamo la possibilità di inserire ulteriori aziende. Ma l'azione promozionale di Cibus è Italia non si ferma ad Expo,  ma ne supera i cancelli per arrivare sui territori. Infatti ogni delegazione, negli ultimi giorni di permanenza, viene suddivisa in piccoli gruppi in funzione del rispettivo interesse merceologico e quindi accompagnata sui territori per visitare gli impianti produttivi di eccellenza, le aziende e il territorio dove questi prodotti di eccellenza vengono realizzati.

venerdì 22 maggio 2015

Guidare l'export italiano: i consigli di ICE


grazie a Claudio Besana

L’export italiano cresce e traina questa ripresa che sembra iniziare ad essere consistente.
Per capire come sia utile organizzarsi per non rimanere indietro abbiamo intervistato il dr. Roberto Lovato, dirigente dell’ufficio agroalimentare e vini dell’ICE –o ITA: Italian Trade Agency- che sta facendo un eccellente lavoro per sostenere le imprese italiane, chiedendogli di indicare la strada da seguire.

C’è un coro pressoché unanime che invita le imprese italiane, anche le PMI anche gli artigiani a darsi da fare per andare all’estero, per esportare: ma è davvero una possibilità alla portata di tutti?
Sicuramente si. Nel senso che ogni azienda può trovare il suo spazio anche in base alla propria dimensione.

Il made in Italy è apprezzato ovunque: basta solo avere un buon prodotto?
No assolutamente. Non basta avere un buon prodotto, ma bisogna saperlo proporre. E’ fondamentale una struttura adeguata che abbia la capacità e la voglia di valorizzarlo. Molto spesso il prodotto “made in Italy” è abusato ed usato in maniera un po’ distorta. Va quindi proposto nella maniera giusta e tramite i canali che sono in grado di valorizzarlo.

Quali sono gli errori che una impresa non deve commettere nell’avventurarsi all’estero?
Innanzitutto l’improvvisazione. La prima regola deve essere sempre quella di scegliere il giusto mercato, quello che più si adatta al proprio prodotto. Per fare questo è fondamentale fare un’attenta analisi dello studio di mercato, informarsi sui competitors, analizzare le eventuali limitazioni o normative che possono ostacolare un determinato tipo di prodotto: molti mercati hanno delle esigenza particolari ed è quindi opportuno conoscere bene prima di avventurarsi in un nuovo mondo, se conviene davvero l’esportazione in un determinato Paese.

Quali sono i passaggi essenziali per pianificare una strategia efficace e vincente?
Sicuramente il primo step dev’essere quello di informarsi sulle condizioni del mercato che andiamo ad affrontare.
Il secondo è senz’altro quello di andare ad identificare la figura con cui ci stiamo relazionando per poterci giocare al meglio le nostre carte.
Poi sicuramente sincerarsi in modo significativo in materia di vincoli relativamente ai prodotti che andiamo a commercializzare per non incappare in ostacoli che ci obblighino poi ad un adeguamento del prodotto.

Quale aiuto può arrivare alle PMI da internet e dagli strumenti della rete come i social media?
Certamente hanno un ruolo importante e questo è dimostrato anche dal continuo aumento di piattaforme social atte a far colloquiare le aziende indipendentemente dalla propria dimensione.
Ovviamente anche qui non ci si può improvvisare ma servono delle competenze specifiche e delle capacità relazionali che sono sostanzialmente alla portata di tutti ma che bisogna utilizzare senza approssimazione ma con competenza.



Le missioni all’estero sono una opportunità, una necessità o una perdita di tempo? Perché?
Possono essere tutte e tre le cose.
Sicuramente possono essere delle opportunità perché danno la possibilità di conoscere nuove condizioni di mercato e nuove opportunità di collaborazioni.
Ma devono essere anche una necessità anche e soprattutto a causa della stagnazione del mercato interno che ha costretto molte aziende a guardare ad altri mercati per poter mantenere un determinato standard di produzione che altrimenti avrebbe dovuto subire una significativa contrazione.
Può altresì essere una perdita di tempo qualora non venisse adeguatamente preparata. La partecipazione ad una fiera, ad esempio, se non sufficientemente organizzata e preparata risulta essere uno spreco di risorse e di tempo.

La fiera è ancora uno strumento valido?
Sicuramente si, purché, come dicevo prima, sia preparata. Innanzitutto la scelta della fiera a cui partecipare deve essere dimensionata alle proprie ambizioni: partecipare ad una grandissima manifestazione è una immensa vetrina che però per una piccola azienda che non ha una visibilità adeguata può essere una grande delusione. Viceversa la partecipazione di una grande azienda ad una piccola fiera può venir percepito come un ridimensionamento delle proprie ambizioni e quindi essere controproducente.

Come è possibile usufruire dei servizi che offrite?
Richiedendoli direttamente al nostro ufficio all’estero quando si tratta semplicemente di una richiesta di informazioni su uno specifico mercato, oppure diciamo tramite l’iscrizione alla nostra banca dati e mailing list in cui noi inviamo tutta la documentazione attraverso la quale un’azienda può valutare se può essere interessante una partecipazione.



Tre consigli per chi vuole iniziare ad esportare.
In primo luogo una scelta il più ragionata possibile su quelli che possono essere i mercati da esplorare.
Secondo cercare mercati non eccessivamente affollati.

Terza cosa curare i rapporti interpersonali perché per quanto ci possano essere i mezzi di comunicazione e i social network, il rapporto diretto resta il canale principale e fondamentale per una buona relazione.