Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


venerdì 28 febbraio 2014

La mia fiera è il web: PMI 8 idee per scegliere tra alternative e arrivare lontano


Vale la pena oggi partecipare a fiere? La presenza ad un qualunque tipo di Expo ha ancora significato?

Chiederselo ad un anno dal via dell’Expo milanese sembra più una sgradevole provocazione che una domanda sensata.

Eppure non va trascurata.

Tweet: Come valuti e pianifichi il tuo intervento ad una fiera? Qualche domanda per aiutarti a ragionare http://ctt.ec/7747K+  (clicca per twittare)


Perché se le grandi imprese, le nazioni –che saranno i principali espositori il prossimo anno qui a Milano- hanno ben ragione di mettersi in mostra, c’è da chiedersi se artigiani e PMI ottengono il medesimo risultato e soprattutto se il 
ritorno sull’investimento è positivo.

Bisogna farsi qualche domanda chiara sullo scopo della presenza in fiera e sulla effettiva capacità di quella manifestazione di aiutarmi a raggiungerlo.


Vorrei qui sottolineare proprio l’aspetto della finalità: perché vado ad una fiera? È l’unico modo che ho per vendere il mio prodotto? L'unico modello che posso seguire? Essere presente sul posto e far vedere la mia merce?

Lavoro con una bellissima azienda che ha inventato e propone un sistema per la ricopertura dei libri. Per trovare partner esteri –e sono presenti in oltre 30 paesi nel mondo- l’unico modo è far vedere il sistema e farlo provare. È una questione di amore a prima vista. Funziona così. E quindi essere presenti a importanti fiere per loro è indispensabile.

Ma lo è anche per te?

O forse una vetrina in rete con una adeguata campagna di web marketing può darti di più?

Calcola quanto investi per partecipare ad una fiera, metti in fila queste voci

Costo dello stand e dell’allestimento
Costo del viaggio e del soggiorno
Costi di dogana e spedizione merci
Costi di personale per lo stand (se c’è)
Costi per la merce, che poi non rivendi
Costi per l’eventuale pubblicità
Costi per la preparazione del materiale
Costi per la gestione del follow up

A vederlo così anche nella migliore delle ipotesi si parla di qualche decina di migliaia di euro, forse una sola, ma abbondante. E quanto riesci a promuovere il tuo brand con una seria campagna di web marketing con tutti quei soldi?


E se proprio ritieni che la fiera sia il punto chiave del tuo sviluppo, con quanta accuratezza la stai preparando perché sia davvero il punto di svolta?

lunedì 24 febbraio 2014

Intraprendenza e studio: alla conquista del mercato Ceco. I segreti di Fabio Lattanzio.




Poi dicono che i giovani non hanno idee e iniziativa. Ecco qua Fabio Lattanzio, italiano all’estero, che mette in piedi una struttura con prudenza, coraggio e saggezza per conquistare il mercato ceco con i prodotti agroalimentari di casa sua. Mi ha scritto per chiedere
qualche spunto, avendo letto questo blog. Dopo avergli chiesto di raccontarmi che cosa aveva in mente, gli ho chiesto il permesso di intervistarlo perché avevo da imparare io da lui. Ho apprezzato la sua chiarezza e determinazione e credo sia un valore poterla condividere con tutti.
Andiamo con Fabio alla scoperta del mondo della Repubblica Ceca. Fabio è di casa a Brno, circa 200 km a sud est della capitale Praga e importante centro industriale  

1) Come descriverebbe il mercato della repubblica Ceca oggi? che cosa lo caratterizza?

La Repubblica Ceca è un paese molto tradizionale, i cechi sono molto legati alle loro tradizioni culinarie e soprattutto "alcoliche" con una netta preferenza per la loro buonissima birra che scorre a fiumi in qualsiasi pub, ristorante o locale si vada.
Sotto questo punto di vista possiamo dire che il mercato ceco è piuttosto difficile da penetrare e sembra chiuso, ma al tempo stesso ci sono molte varianti e anche molte altre comunità provenienti da tutto il mondo e che lavorano qui che quindi cercano qualcosa di diverso.
Inoltre sembra proprio che una tendenza degli ultimi tempi sia quella di prestare maggior attenzione a ciò che si mangia, alla qualità del cibo e sicuramente anche a ciò che si beve visto che il vino è apprezzato da molti, nonostante la preferenza per birra e superalcolici locali prevalga.

2) Che spazio c’è per imprese italiane? che cosa ha visto in questo mercato di interessante?


A mio avviso, al giorno d'oggi, lo spazio non c'è per niente e nessuno perchè i mercati sembrano offrire già quello che viene richiesto quindi, a meno che non si tratti di un'innovazione tecnologica o di processo con evidenti possibilità di guadagno e sviluppo, lo spazio dobbiamo andarcelo a cercare proponendo un concetto nuovo rispetto a ciò che c'è già.
Di certo, la ristorazione e la moda, probabilmente ciò per cui siamo maggiormente famosi nel mondo, sono i settori maggiormente diffusi ed importati qui in Repubblica Ceca infatti i prodotti italiani sono presenti un pò ovunque, dalle grandi catene di supermercati ai piccoli negozi dedicati così come i marchi italiani che si trovano pressoché in ogni centro commerciale.
Ciò che è interessante è sicuramente il fatto che i nostri brand sono apprezzati, ma a volte c'è un pò un misusage del Made in Italy in termini di qualità e prezzi del prodotto offerto e reale provenienza di ciò che viene venduto, ed è proprio qui che sta l'opportunità da cogliere...

3) Quali sono le opportunità che lei ha colto?

Ho forse anticipato questa domanda  nelle ultime due righe precedenti ma cercherò di essere piu' specifico. Il Made in Italy è molto diffuso e quindi conosciuto ma cosa si conosce davvero?
Sondando le opinioni di chi vive qui, soprattutto italiani, abbiamo condiviso un punto: i cibi/vini/liquori italiani sicuramente ci sono ma, o sono scadenti e di provenienza dubbia oppure sono estremamente costosi quando in realtà il marchio e l'effettiva qualità è quantomeno discreta.
Quindi il rapporto qualità prezzo  e la mancanza di alcuni prodotti un pò piu' ricercati rappresenta una reale opportunità di dare un'identità definita a determinati prodotti e far conoscere il Made in Italy, o Made in Abruzzo come nel mio caso, non necessariamente a prezzi esorbitanti e spropositati.

4) Quali invece ritiene possano essere i rischi?

I rischi sono molteplici e sicuramente all'apparenza maggiori rispetto alle opportunità. In primis, come accennavo in precedenza, il mercato già saturo, dopodichè sicuramente la cultura del popolo ceco e il loro non essere abituati ad investire su prodotti diversi da quelli con cui sono cresciuti quindi la difficoltà a educare e europeizzare che però l'afflusso continuo di stranieri può mitigare e favorire.
In ultimo, non per ordine di importanza ma perchè comune a ogni business, la concorrenza: ci sono già distributori di prodotti italiani e, naturalmente, ogni ristorante o bar ha già il proprio fornitore quindi non è facile entrare in un mercato del genere.
E' proprio quando ci sono i rischi che, a mio parere, va costruita una strategia di business solida e innovativa.

5) Come ha costruito la sua strategia?

La mia strategia è abbastanza studiata e, in un certo senso, lenta. Entrare nel mercato in modo aggressivo e massivo comporta rischi maggiori qualora non si abbia un'organizzazione di un certo livello alle spalle, investimenti consistenti e possibili perdite certamente significative.
Non essendo in grado di affrontare questo tipo di situazione, ho pensato di iniziare a vendere tramite canale Ecommerce, optando quindi per un "soft launch" della nuova attività, puntando tutto sulla ricercabilità del sito, SEO, marketing e eventi, con pianificazione dell trend e dei risultati su base annuale e progetti di sviluppo futuri.
Prima di mettere nero su bianco tutto ciò ho fatto un sondaggio tramite Facebook con italiani che vivono a Brno, tra conoscenti e chiunque potesse darmi un input. Le opinioni sono contrastanti con una leggera prevalenza dei giudizi positivi ma tutte mi hanno aiutato a comprendere meglio le esigenze del pubblico e a costruire una strategia che spero si riveli vincente.

6) Perché investire tanto nell’on-line e nel marketing?

L'investimento sull' on-line nasce da due principali considerazioni: impiego di tempo e denaro.
A mio avviso, vanno considerati due tipi di approccio al business: reattivo e proattivo. In questo caso l'Ecomm permette di essere reattivi alla domanda avendo già presentato la nostra offerta ed è l'ideale per un inserimento soft nel mercato perchè permette di capire che riscontro si può avere senza un investimento consistente nè ricerca di opportunità di vendita.
A livello strategico, puntiamo tutto sul marketing per tutte le ragioni menzionate nei punti precedenti e, piu' semplicemente, perchè è probabilmente l'unico modo per entrare in un mercato saturo ma che, per alcuni aspetti, è ancora ibrido e senza un'identità definita.
Il nostro sito sarà altamente ricercabile, promuoverà la storia dell'Abruzzo e dei singoli prodotti, riporterà "istruzioni per l'uso" in modo da valorizzare ancora di piu' l'estrema qualità dei prodotti.
Infine, saremo massivamente presenti su tutti i possibili Social Network che al giorno d'oggi rappresentano certamente il miglior posto per farsi conoscere e conoscere.
La parte proattiva della nostra strategia consisterà nella promozione dei nostri prodotti che avverrà sui Social Network e, fisicamente, organizzando eventi di degustazione con vendita diretta.

7) In che modo la presenza on-line sui social può aiutare a vendere l’agroalimentare? non era meglio partire direttamente dalle catene di distribuzione?

Sicuramente la distribuzione in supermercati o negozi specializzati garantirebbe maggiori introiti quantomeno inizialmente ma ci sono almeno due aspetti da tenere in considerazione e che mi hanno fatto desistere da impostarla in questo modo:
1. perché un grande supermercato dovrebbe acquistare da me quando può andare direttamente al produttore, saltare un passaggio e quindi risparmiare?
2. vendere in un supermercato è come buttare una goccia d'acqua nell'oceano, non dà particolarità, non dà specificità e perde importanza non valorizzando la qualità, la storia del prodotto che si offre, ci sarà solo una bottiglia in più sullo scaffale e quindi, in fondo, perde senso la mia idea di per sé e i suoi obiettivi.
La presenza sui social invece è importante perché permette di raggiungere ogni tipo di consumatore, favorisce il passaparola tramite lo sharing ad esempio, ti rende conosciuto o ricercabile e, se supportata da prodotti valorizzati e valorizzabili, ti rende unico e protagonista nel mercato quindi un punto di riferimento. Inoltre, avere un business agroalimentare sul social network permette anche una facilità di "linkaggio" perché ovviamente c'è il rimando diretto al nostro sito ma anche ad esempio al sito della regione, dei produttori, amplia così le vedute, favorisce l'interesse o anche il disinteresse, accresce la convinzione riguardo l'acquisto o meno di un prodotto ad esempio.

8) Che cosa pensa di fare on-line?

Credo di aver risposto in diverse occasioni nelle domande precedenti. L'on-line è per me un "materasso" dal quale osservare in modo soft come la mia idea cresce e si sviluppa, senza un investimento consistente ma con un grosso impegno in termini di energie, idee e tempo. L'on-line è quindi certamente il mio punto di partenza ma è parte di una strategia che, dopo un anno o giù di li, spero mi porti ad una visibilità anche fisica per colpire anche quella fetta di pubblico che preferisce l'acquisto classico nei negozi e che ha bisogno di essere stimolata a conoscere, che ha sete...e cosa meglio di un buon vino abruzzese per placare la sete?

9) Quali sbagli vanno secondo lei evitati da chi vuol vendere in un nuovo paese?

Beh, in primis direi che bisogna essere molto determinati e non eccessivamente entusiasti, non pensare troppo positivo altrimenti rischiamo di non vedere i possibili rischi e ne subiamo poi l'impatto negativo.
Questo è un concetto rivolto principalmente a me stesso, essendo alla mia prima esperienza in questo campo, quindi è un'osservazione razionale che ho dedotto da ciò che ho letto, studiato e sentito e dalla mia esperienza lavorativa quindi spero proprio di assumerlo come mio e farne tesoro.
Un altro errore che bisogna evitare è quello di non considerare tutte le varianti, anche in termini di pubblico da raggiungere: nel mio caso, ad esempio, sto cercando di valutare come raggiungere tutti i tipi di consumatori, non solo quelli ideali che amano la qualità, sanno riconoscerla e prediligono acquistare online cercando le offerte migliori.

10) E che cosa invece va assolutamente fatto?

Credo che bisogna assolutamente parlarne, condividere le proprie idee senza rivelare troppo, ma anche a grandi linee, bisogna fare tesoro di ogni opinione, ogni punto di vista perchè chi non la pensa come noi è il reale valore aggiunto che ci permette di raggiungere il successo soprattutto in un mercato a cui siamo nuovi e di cui abbiamo una visione limitata.
Nel concreto direi che è importante aprire discussioni su Facebook ad esempio, sicuramente fare analisi di mercato tramite i motori di ricerca e, in generale, mettersi nei panni dei nostri possibili clienti e pensare come loro penserebbero quindi andare a cercare ciò che si desidera acquistare online, capire quali sono le opzioni, cosa manca e cosa invece già c'è.
In conclusione, credo che sia davvero un'impresa ardua iniziare un business all'estero e tante volte penso che forse è il caso di lasciar perdere però credo anche che le prospettive di riuscita, vedere realizzata una propria idea e le piccole soddisfazioni per ogni passo avanti costituiscano la vera benzina per il motore di questo progetto e di tutti, in generale, quindi, una cosa che va assolutamente fatta è MAI SCORAGGIARSI!!


11) Ci racconti la tua storia? Chi è Fabio Lattanzio?

Mi chiamo Fabio Lattanzio, sono di Sulmona, una splendida cittadina Abruzzese patria di Ovidio e di tanta cultura.
Ho studiato Psicologia all'Università "G.D'Annunzio" di Chieti e, dopo aver svolto diversi tirocini e lavori non proprio stabili, sono partito per Londra per lavorare in una società di recruiting, alla ricerca di un'ulteriore specializzazione e di un settore che mi desse maggiori opportunità.
Al termine del mio breve impiego li, ero ovviamente alla ricerca di lavoro e, molto fortuitamente, sono stato chiamato da Monster Worldwide per lavorare nel Customer Service Italia situato a Brno nel centro europeo di Customer Service di Monster.
Di certo la prospettiva di iniziare con una posizione entry level, dopo tutti gli studi e i tirocini fatti, non era delle piu' allettanti ma il prestigio della società, le prospettive di carriera e la voglia di affermarmi hanno prevalso e mi sono trasferito in Repubblica Ceca. Dopo un anno sono diventato Associate Manager e gestisco il mio team, fortunatamente con ottimi risultati e sono soddisfatto di ciò che ho raggiunto finora.

In tutto ciò, la mia voglia di Italia e la nostalgia per il mio paese mi hanno sempre fatto guardare intorno e sicuramente il cibo è uno degli aspetti che più mi manca quindi ogni volta che tornavo a casa, portavo con me una valigia enorme piena di prodotti tipici abruzzesi, in particolare dal caseificio di mio cugino quindi a un certo punto mi sono detto, perché non unire l'esigenza, la passione e la voglia di valorizzare la propria regione a un'idea di business? E così ho iniziato a progettare l'esportazione di prodotti tipici abruzzesi qui in Repubblica Ceca, vi ho detto come...

lunedì 17 febbraio 2014

Partecipare alle fiere: 7 consigli per sfruttare al meglio l'evento e l'investimento


E l’export divenne di moda anche per le PMI.
Ci si è finalmente accorti che stando chiusi nel mercato italiano si implode, si è destinati ad una lenta –talvolta invece purtroppo rapida- dissoluzione.
Così assisto ad un doppio movimento: da un lato sempre più imprese cercano di capire come fare a vendere all’estero, dall’altro istituzioni –più o meno ufficiali, più o meno serie- cercano di coinvolgere le PMI di casa nostra in iniziative di varia natura. La più comune? La partecipazione ad un Fiera.
Il che mi lascia perplesso. Non perché abbia nulla di pregiudiziale sulle fiere in sé, ma perché vorrei evitare alle aziende italiane di sprecare un sacco di soldi, finire preda di illusioni irrealizzabili  che poi producono amarezza e disillusione, e in ultima analisi perdere l’occasione.
Ecco qui un brevissimo elenco di suggerimenti operativi per chiedersi se vale la pena partecipare  no ad una fiera.

Tweet: Stai investendo molti soldi per una fiera: ti sei dato un obiettivo e hai verificato che tu possa raggiungerlo? http://ctt.ec/atU9x+ (clicca per twittare)



1.     quale obiettivo ti poni con la partecipazione alla fiera? Ecco alcune alternative tra le quali scegliere
a.     farti conoscere nel mercato di destinazione
b.     incontrare buyer  della catena distributiva
c.      farti apprezzare dai critici, media, clienti finali
d.     avere l’occasione di incontrare potenziali clienti nel settore B2B
e.     fare cassa vendendo tutto quello che esporrai
f.      iniziare a capire qualche cosa di un mercato che non conosci
g.     cogliere l’occasione per incontrare intermediari, potenziali partner, opinion leader che ritieni utili per lo sviluppo del tuo business
2.     come hai potuto notare gli obiettivi sono molto diversi, per cui devi chiederti: l’evento che mi stanno proponendo è in linea con il mio obiettivo? Mi mette in condizioni di realizzare quello che ho in mente?
3.     Come misurerò il successo dell’iniziativa?
4.     Come sto preparando la mia partecipazione all’evento?
a.     In che modo mi farò conoscere?
b.     In che modo mi distinguerò dagli altre espositori?
c.      In che modo affermerò la differenza del mio brand? 
d.     Che documentazione porterò con me da lasciare al cliente?
e.     In quale modo allestirò il mio spazio e attirerò visitatori che mi interessano?
f.      Come catturerò la loro attenzione? Mi sono preparato ad argomentare in modo corretto e a gestire le eventuali obiezioni?
5.     Sto valorizzando la mia partecipazione organizzando incontri in margine all’evento per sfruttare al massimo l’investimento che sto per fare?
a.     Cerco o mi faccio aiutare dell’ente che organizza l’evento a fissare appuntamenti con buyer/clienti importanti?
b.     So che cosa andare a visitare nei dintorni della fiera per conoscere meglio il paese destinazione?
c.      Se opero nel campo del retail (moda, agroalimentare, gioielli…) mi sono informato su quali possono essere catene o negozi importanti in zona e ho cercato di fissare una visita con le persone chiave? L’ente mi aiuta?
6.     Come ho valutato l’evento e l’ente che me lo sta proponendo? Ecco alcuni punti chiave che permettono di capire il livello di serietà del proponente:
a.     È la prima edizione o ce ne sono state altre? In questo caso hanno statistiche sulle precedenti edizioni? Chi esponeva? Che risultato hanno ottenuto? Quanti e quali visitatori? Hanno una statistica su numero e tipologia delle presenze?
b.     È una fiera in cui posso vendere? Mi hanno spiegato come posso fare a vendere? Come posso fare a importare nel paese la merce da vendere (o solo da esporre)? Mi hanno dato informazioni sui problemi doganali che posso incontrare? Mi informano sulle leggi speciali dei paesi e sulle normative da seguire e permessi da ottenere?
c.      Che tipologia di espositori saranno presenti? Sono compatibili con il mio messaggio o rischio di esporre i miei capi d’alta moda in quella che sembra una sagra paesana per promuovere la cucina italiana?
d.     Dove si trova il padiglione espositivo? Che altre manifestazioni si svolgono in quel centro? Sono compatibili con questa? O sono fiere di settore molto specializzate?
e.     Che tipo di spazi mettono a disposizione?
f.      Che tipo di servizio mettono a disposizione?
g.     Che campagna stanno facendo per attrarre l’attenzione dei visitatori?
h.     Come è il loro sito web? Artigianale o professionale?
i.       Come gestiscono i prezzi degli stand? Se mi offrono uno spazio al 50% del prezzo di listino qualche domanda me la devo fare: o prendono in giro gli espositori con prezzi camuffati, o la fiera è semivuota e stanno cercando di vendere spazi a tutti i costi.
7.     La partecipazione alla fiera alla luce di queste riflessioni è davvero il miglior investimento possibile? Quali alternative posso prendere in esame?

E voi che esperienza avete? Potete darci qualche spunto? Se invece volete maggiori informazioni non esitate a contattarmi!


giovedì 13 febbraio 2014

Due lezioni dal mercato inglese per vendere di più all'estero



Sto lavorando con una interessante startup emiliana che desidera sviluppare il mercato britannico. Con un partner londinese abbiamo impostato una ricerca di potenziali clienti: script che evidenzi il valore per la catena distributiva, ricerca di possibili mercati alternativi, contatto con il buyer adeguato.

Non sembra funzionare come vorremmo.

Due le resistenze che insegnano altrettante lezioni:


la prima nasce dal fatto che il prodotto è nel suo genere davvero innovativo e che i potenziali distributori non riescono a posizionare nel loro schema: se non sai in quale scaffale metterlo preferisci non rischiare;

la seconda è molto chiara, e devo dire molto nota: ne abbiamo già parlato più volte. Se non ti presenti con un marketing plan per sostenere il sell out del tuo prodotto non ci interessi. O investi tu nel (web) marketing, o da noi non entri. Una lezione importante.

Che cosa deduciamo?

Che per poter avere successo devo fare tutto quello che posso per rendere facile il lavoro a chi mi distribuisce, fino ad indicare in quale scaffale e con quale dicitura proporre il mio prodotto. Devo mostrare di voler essere interessato a promuoverlo in prima persona, sostenerlo anche in paesi che non sono il mio.
Alla distribuzione, quale che sia, interessa svuotare gli scaffali e far ruotare la merce: che cosa ci sia sopra è irrilevante, basta che produca margini interessanti e piaccia ai clienti.


Capito la lezione?

domenica 2 febbraio 2014

Le 7 domande che ti aiutano a capire se vuoi veramente esportare



Io lavoro così: ti aiuto a fare mente locale, a capire se vuoi veramente esportare o solo vendere all’estero (poi ti spiego la differenza), se hai le possibilità di fare successo, se hai la struttura per fare successo.
Se non passi questa fase è un vantaggio per te, perché capisci che stavi affrettando i tempi o stavi percorrendo un strada che non ti avrebbe portato al successo, ma probabilmente ad un fallimento devastante.
Se invece vuoi andare oltre allora iniziamo ad impostare una strategia e se vuoi che ti metta in contatto con canali all’estero lo faccio volentieri. Perché lo faccio? Perché sono sicuro che se hai le idee chiare sai di avere bisogno di qualcuno che ti affianchi nell’avventura del’export, perché i canali di chi è sul posto vendono, non fanno promozione. A quella devi pensare tu. E se vuoi, posso aiutarti.
La prima fase serve a te per conoscere te, per conoscere me e per capire se sono affidabile e a me per farti capire che puoi contare su di me, che non sono qui per spillarti soldi, ma per lavorare insieme per ottenere risultati vincenti.
Allora iniziamo insieme a capire qualcosa.
Quali sono le domande, che possono sembrare cattive, che faccio per aiutarti a capire?

Eccole qua:
  1. Per quale ragione i clienti di quel paese straniero dovrebbero comperare da te invece che dai loro fornitori attuali? Se rispondi in questo modo (clicca qui) sei fuori strada.
  2. Perché hai scelto quella particolare nazione? (se rispondi che la tua fidanzata è di quel paese sei fuori strada)
  3. Quale problema risolvi ai tuoi clienti?
  4. Per quale ragione i clienti fedeli che hai comprano ancora da te?
  5. Hai previsto di investire nella comunicazione e nell’affermazione del tuo marchio per esportare?
  6. Hai già una presenza in rete? Chi te la cura? In quali lingue è? (se rispondi che hai un nipote smanettone ecco che cosa ti rispondo: clicca qui)
  7. Che cosa è per te la qualità? Attenzione: non rispondere così!



Ti sono stato utile?

Ah sì, esportare o vendere all’estero.

Ti faccio un esempio: parlo con un potenziale cliente veneto, fa vestiti da uomo. Su misura. Mi dice che vende già all’estero. Bene, dove? Beh, mi dice, ho molti clienti che passano dal mio laboratorio provenendo da paesi esteri e poi mi chiedono di mandare loro vestiti a domicilio e poi servo le basi Nato!
Ecco questo non è esportare.
Esportare vuol dire avere un piano, dare continuità, entrare in un paese e crescere. Aprire una filiale, dei punti vendita.


E tu che cosa ne pensi?