Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


sabato 5 ottobre 2013

Esportare l’agroalimentare: le 5 regole per avere successo



È una delle ricchezze della nostra Italia, forse la prima per origine e fama. Eppure facciamo fatica a condividerla. Ne parlano molti, ma alla fine ad apprezzarla sembrano essere in pochi nel mondo. Che cosa sbagliamo?
Di nuovo voglio ricordare la frase di Seth Godin che spalanca l’orizzonte: non cercare clienti per i tuoi prodotti, piuttosto cerca prodotti per i tuoi clienti.
L’agroalimentare italiano -vino, pasta, olio, insaccati, formaggi e così via- è una delizia. Ma lo è per tutti i palati?

Iniziamo con il porci queste domande, senza le quali è pressoché inutile pensare di esportare i nostri prodotti.

a.     Come posso pensare che popolazioni abituate da sempre a cucinare con il burro improvvisamente apprezzino il mio olio che piace tanto ai miei conterranei? Come posso pensare di esportare 48 diversi tipi di pasta se all’estero non distinguono neanche uno maccherone da uno spaghetto, figuriamoci da un rigatone, un pacchero, una penna, una mezza penna? Il mercato che sto considerando è sufficientemente maturo per comprendere il mio gusto?
b.     È vero che la cucina italiana è amatissima nel mondo, ma… quale cucina italiana? Quella che conosciamo noi o il modo con il quale la interpretano all’estero? Che cosa posso imparare dalla pubblicità statunitense che afferma essere “the true italian pizza” una roba rotonda con sopra formaggio filante di natura indefinita e un’accozzaglia di pomodori, peperoni, salame, zucchine, cetrioli e magari pure patarine fritte?
c.      A quale mercato posso vendere il mio vino in nazioni in cui il consumo abituale di bevanda alcolica passa dai litri di birra a basso prezzo a quelli di superalcolici che mozzano il gusto ancora in bocca?
d.     Per quale ragione un distributore dovrebbe scegliere il mio prodotto tra i tanti che vengono regolarmente proposti da fornitori italiani, tutti pronti a dichiarare che il loro prodotto è davvero eccezionale, ma altrettanto pronti a rifiutare ogni tipo di investimento sullo sviluppo del loro prodotto?
e.     Come faccio ad avere successo su il brand che ho scelto per farmi conoscere nel mondo è una descrizione in stretto dialetto bergamasco incomprensibile al di fuori della provincia e impronunciabile in tutto il mondo? Chi se lo ricorderà mai?


Che cosa intendo dire con queste provocatorie domande? Che per promuovere i prodotti gastronomici italiani è indispensabile avere un piano strategico, da mostrare magari anche ai partner che voglio coinvolgere nella distribuzione, che parta da questi 5 elementi

1)   la forza del brand. Se non lavoro prima per costruire ed affermare un marchio che sia riconoscibile e che attiri è inutile pensare di esportare.
2)   La scelta del mercati. A quali mercati mi sto rivolgendo? Ai ricchi che vogliono mettere a tavola dei vini eccellenti? Ai ristoranti? Alla middle class delle grandi città? Senza un target preciso non si vende.
3)   La scelta delle nazioni. Il gusto è fondamentale: non posso vendere un olio extravergine corposo, duro, pizzicante a gente che non ha mai visto fluidi oleosi se non collegati a motori a scoppio o a parti da lubrificare.
4)   L’investimento in cultura. Voglio invogliare le persone a comperare i miei prodotti? Devo educarli! Vuoi vendere la pasta? Organizza una settimana di degustazione delle differenti tipologie e allora creerai clienti.
5)   Il partner giusto. Scegli con chi collaborare e come, sii pronto ad investire nella promozione del prodotto.

Per maggiori informazioni provate a rivedere questo articolocon la strategia di Italian Heritage per capirne di più.

Buona fortuna.

2 commenti:

  1. Comincerei a vendere ai ristoranti per i vini, ai supermercati per l'olio e la pasta, mettendo bene in mostra etichette con nomi italiani, molto apprezzati all'estero. Sarà più difficile per i salumi...perché i gusti sono diversi....

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  2. Buongiorno Antonio, per esperienza come residente all'estero, mettere in evidenza l'etichetta italiana, non serve a nulla. Qui ci sono centinaia di prodotti con etichette critte in italiano, alcune corrette ed altre anche scorrette, ma per il consumatore appaiono come prodotti italiani, Si deve fare conoscenza, si devono attivare meccanismi che spieghino prima di tutto, come individuare il prodotto Italiano dal falso Italiano.

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